
Mio nonno, umile contadino, diceva sempre che si stava meglio quando si stava peggio.
Visto l'andazzo di quest'ultimi anni, a 42 anni suonati, inizio a pensarla proprio come lui.
Il progresso è come una pialla, toglie molto per dare qualcosa, ed è così che vedo il mondo in cui viviamo, corre a una velocità sfrenata, e la tecnologia ne è da anni il motore principale.
Computer, TV, Internet, social media, Smartphone e, più recentemente, l'Intelligenza Artificiale stanno omologando sempre più le nostre vite – o, per essere precisi, quelle dei popoli che si definiscono "civilizzati" –, dando vita a grandi promesse e a nuove incertezze.
E se ti chiedi il perché di questa ambivalenza, sappi che ogni grande innovazione porta con sé nuove sfide che, forse, non siamo ancora del tutto in grado di affrontare.
Indice
- I Report
- Le Grandi preoccupazioni del Mondo moderno: Tutti i dati
- Le vulnerabilità più critiche
- La Cybersecurity viene prima dei report
- Intelligenza Artificiale: Amica o "Nemica"?
- La specie umana è un errore di progettazione? Il prossimo stadio dell'evoluzione sarà la macchina
I Report

Oggi, oltre a mio nonno, due argomenti in particolare sono fonti ispiratrici di questo articolo: la sicurezza informatica e la gestione etica e sicura dell'AI, prendendo principalmente spunto da due rapporti che mi hanno fatto riflettere un bel po'.
Il report delle Nazioni Unite (Global Risk Report 2024) basato sulle risposte a un sondaggio condotto da oltre 1100 stakeholder in 136 paesi, tra cui governi, aziende e società civile, analizzando le percezioni degli intervistati sull'importanza di 28 rischi divisi in categorie, valutati in base alla loro probabilità di accadere e alla gravità dei loro effetti.
E su falsariga pessimista quello della ventesima edizione del World Economic Forum - The Global Risks Report 2025 con il contributo di partner come Marsh McLennan e Zurich Insurance Group, basato su un sondaggio fatto su oltre 900 esperti globali e su approfondimenti di circa 100 esperti tematici, tra settembre e ottobre 2024.
Qui ci viene offerta una "fotografia venuta male" dei maggiori pericoli che il nostro pianeta deve affrontare.
Quest'ultimo analizza 33 rischi globali su tre orizzonti temporali: immediato (2025), a breve-medio termine (fino al 2027) e a lungo termine (fino al 2035). Si basa in particolare sul Global Risks Perception Survey (GRPS) e sull'Executive Opinion Survey (EOS), che ha coinvolto oltre 11.000 leader aziendali in 121 economie.
Un "rischio globale" è definito come la possibilità che un evento o una condizione impatti negativamente una proporzione significativa del PIL globale, della popolazione o delle risorse naturali.
In entrambi i casi il messaggio è chiaro: la cooperazione è la chiave (se la troviamo).
Come ha sottolineato il Segretario Generale dell'UN, António Guterres, nessuna nazione o azienda può affrontare queste sfide da sola.
Our future depends on global cooperation to address global risks. The inaugural Global Risk Report sends a clear and urgent message: no country, company, or institution can confront these global vulnerabilities alone.
Le Grandi preoccupazioni del Mondo moderno: Tutti i dati
I Rapporti UN 2024 e WEF 2025 classificano i rischi globali in 5 categorie principali, che possiamo immaginare come diversi tipi di "tempeste" che possono abbattersi sul nostro mondo, e sul portafoglio per chi ce l'ha.
Tecnologici | Sociali | Ambientali | Politici | Economici. Di seguito una breve sintesi:
I 5 principali rischi globali per categoria secondo l'Organizzazione delle Nazioni Unite
- Problemi tecnologici: Questa categoria ci porta nel cuore del nostro focus: Cybersecurity e un uso improprio dell'IA e delle tecnologie di frontiera. Nord Africa e Asia tra i primi dieci in classifica.
- Problemi sociali: Qui troviamo la Misinformazione e disinformazione (l'84% la identifica come fenomeno attuale, classificata più in alto in Europa, Nord America, America Latina, Caraibi e Africa subsahariana rispetto ad altre regioni) è, per il secondo anno consecutivo, la principale preoccupazione a breve-medio termine in tutte le categorie di rischio.
L'aumento delle disuguaglianze (34.7) visto come un pericolo attuale dal 77% e l'incubo di nuove pandemie (più alto in Africa subsahariana).
Tensioni tra paesi (geopolitiche) con 34.5, 76% attuale.
Grandi spostamenti di persone (per fame, guerre, conflitti, persecuzioni, instabilità politica, violazioni dei diritti umani, disastri naturali, ecc.) 33.2.
- Problemi ambientali: Cambiamento climatico e l'inquinamento sono percepite come altamente probabili e gravi. Gli eventi meteorologici estremi, come siccità o inondazioni, passano da preoccupazioni a lungo termine a realtà urgenti.
La mancanza di azione sui cambiamenti climatici viene visto come il pericolo più importante con un punteggio di 37.2.
Inquinamento su larga scala al secondo posto con 36.0.
Seguono i disastri naturali con 35.0.
Diminuzione rapida della biodiversità: 34.6.
Carenza di risorse naturali: 34.3.
- Problemi politici: Tensioni geopolitiche (al terzo posto della Top 5 risks con il 76%) e guerre su larga scala con un punteggio di 32.6. Il "conflitto armato tra stati" è percepito come probabile da Europa, Nord America, Nord Africa, Asia occidentale e Africa subsahariana.
- Problemi Economici: Crisi finanziarie globali o stagnazione economica. Sebbene dicono che siano diminuiti nelle classifiche rispetto all'anno scorso, non c'è spazio per la compiacenza, poiché i dazi e misure restrittive possono causare gravi danni.
La maggior parte degli intervistati dell'Africa subsahariana, America Latina e dei Caraibi, dicono che la finanza globale, gruppi terroristici e criminali sono tra le loro principali preoccupazioni.
Mark Twain: "Una bugia fa in tempo a fare il giro del mondo mentre la verità si sta ancora mettendo le scarpe

I principali 5 a breve termine (nei prossimi 1-7 anni):
- Intelligenza artificiale e tecnologie emergenti: 42%
- Nuove pandemie: 41%
- Vulnerabilità informatiche: 38%
- Crisi finanziaria globale: 36%
- Guerra su larga scala: 34%
I principali 5 nei prossimi 8-15 anni:
- Nuova pandemia 27%
- Disastri di geoingegneria 25%
- Crollo della catena di approvvigionamento 24%
- Evento spaziale 24%
- Crisi finanziaria globale 23%
Top 5 a lungo termine (tra 16 anni e il 2050):
- Eventi spaziali (ad esempio, tempeste solari): 35%
- Disastri legati alla geoingegneria (modifica del clima terrestre): 29%
- Carenza di risorse naturali: 25%
- Collasso delle istituzioni multilaterali: 22%
- Collasso della catena di approvvigionamento: 19%
Quali sono secondo l'UNITED NATIONS i 5 rischi dove siamo meno preparati?

Le vulnerabilità più critiche

Misinformazione e la disinformazione
Chissà perché misinformazione e disinformazione vengono percepite come una minaccia estremamente grave per la quale la comunità internazionale, ovviamente, non è preparata.
Con l'Intelligenza Artificiale generativa, è e sarà una passeggiata produrre contenuti ad hoc, da pubblicare magari sui social media (e non parlo solo di gattini in stile "cuteness" o di ricette vegane).
E non sorprendiamoci se anche i media tradizionali si metteranno a pompare informazioni spesso fuorvianti, imprecise o del tutto false. Diffuse, si presume, senza l'intenzione di disinformare, certo.
Ma alla fine della fiera, quis custodiet ipsos custodes?
Cluster ambientale (con fonti esterne)
La scarsità di risorse naturali, sulle catastrofi naturali, sul declino della biodiversità e sull'inquinamento.
Il rapporto Global Resources Outlook 2024 identifica l'aumento del consumo di risorse come la causa principale della crisi climatica, della perdita di biodiversità e dell'inquinamento.
L'estrazione e la lavorazione dei materiali sono responsabili di oltre il 55% delle emissioni di gas serra globali, prevedendo un aumento del 60% entro il 2060, passando da 100 a 160 miliardi di tonnellate.
Fonte: www.resourcepanel.org/reports/global-resources-outlook-2024
Secondo il rapporto IPBES, le azioni umane e la crescente richiesta di materiali sono tra le cause principali del declino della natura. Questo documento spiega come la disuguaglianza economica è collegata alla perdita di biodiversità.
La deregolamentazione dei mercati finanziari e la speculazione sulle materie prime, in particolare quelle agricole, sono fattori che possono compromettere la sostenibilità ambientale.
Fonte: www.ipbes.net
Joint Research Centre (JRC) della Commissione Europea: Il rapporto "The State of Soils in Europe – 2024" del JRC afferma che "Oltre il 60 % dei suoli nell'Unione Europea è soggetto a processi di degradazione. Più del 70 % dei terreni agricoli è affetto da profondi squilibri nutrizionali".
Qui si analizza in dettaglio lo stato di salute dei suoli nei paesi membri dell'Agenzia Europea per l'Ambiente.
Fonte: La salute del suolo al centro del Green Deal Europeo - Fondazione Sviluppo Sostenibile
(www.fondazionesvilupposostenibile.org/la-salute-del-suolo-al-centro-del-green-deal-europeo-pubblicato-il-rapporto-2024-sulla-degradazione-dei-suoli-in-europa/).
Sullo stesso argomento:
Legge Ue sul suolo, accordo (provvisorio) tra Europarlamento e Consiglio - Re Soil Foundation
(resoilfoundation.org/ambiente/legge-suolo-parlamento-consiglio-ue-accordo-provvisorio/)

Inquinanti a vita breve (SLCPs) come il carbonio nero, il metano, gli idrofluorocarburi (HFC) e l'ozono troposferico sono responsabili fino al 45% del riscaldamento globale a breve termine.
Le sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS), chiamate "sostanze chimiche per sempre" o inquinanti organici persistenti (POP), sono ampiamente utilizzate nei prodotti di consumo e presenti nell'acqua potabile, nel suolo, nell'aria e nel cibo.
Il mondo produce oltre 430 milioni di tonnellate di plastica all'anno, con 19 milioni di queste che si disperdono nell'ambiente. Si prevede che la generazione di rifiuti plastici aumenterà del 50% entro il 2040 - (www.unep.org/news-and-stories/press-release/world-environment-day-2025-mobilizes-commitment-action-end-plastic) e che l'inquinamento (a tutto vantaggio delle case farmaceutiche) continuerà ad alloggiare nei nostri corpi (microplastiche nel sangue) attraverso il cibo che mangiamo, l'acqua che beviamo e persino l'aria che respiriamo per il momento gratuitamente.
Le stime sono quelle del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP), pubblicate in occasione del World Environment Day.
Cluster sociale
Possibile nuova pandemia (il 41% pensa che possa accadere in un periodo compreso tra uno e sette anni), sui biorischi che scatenano epidemie e sugli spostamenti in massa delle persone.
Il report fa riferimeto alla pandemia di C0v!d-19 ripetendo a pappagallo pandemic/new, pandemic ma non cita nessun studio o fonti per approfondimenti. Non importa. Andrà tutto bene, c'è sempre Speranza.😉
Cluster tecnologico
Attacchi informatici, AI, tecnologie di frontiera e concentrazione di potere nel settore tecnologico, dove le istituzioni nazionali e internazionali faticano a tenere il passo con i rapidi progressi.
Le stime WEF

Il rapporto WEF evidenzia un "outlook globale sempre più frammentato", e come se non bastasse, con un pessimismo crescente.
Una maggioranza degli intervistati (52%) si aspetta un panorama globale "Instabile" nei prossimi 2 anni (conflitto armato basato sullo Stato in primis con il 23%), 30% a 10 anni (eventi meteorologici estremi, disuguaglianza, spionaggio e guerra cibernetica, polarizzazione sociale, inquinamento, conflitto armato tra stati, migrazione o sfollamento involontario, carenze di risorse naturali, esiti avversi delle tecnologie AI, ecc.).
Situazione "Turbolenta" nell'orizzonte decennale con il 45%.
Si vabbè, dai, sono solo dati, ma rimane lo scetticismo che abbiamo sulla capacità delle attuali istituzioni di affrontare questi problemi. Salvo qualcuno.
La Cybersecurity viene prima dei report
Questa breve e noiosa sintesi dei report delle Nazioni Unite (2024) e del World Economic Forum (2025), come visto, sottolineano in parte la crescente preoccupazione sui possibili cattivi usi dell'AI, un'arma al servizio dela difesa ma allo stesso tempo amplificatore di attacchi informatici sofisticati senza precedenti.
Per affrontare questo scenario complesso, la cybersecurity è stata e sarà ancora il nostro scudo, la nostra "serratura" nel mondo digitale che protegge tutto e tutti, dai fortunati che hanno risparmi in banca ai sistemi che garantiscono servizi essenziali come l'elettricità o l'acqua.
Se questa serratura viene forzata, i danni possono essere enormi.
Le minacce informatiche sono tra le paure più sentite, e le istituzioni sembrano poco preparate ad affrontarli.
Il rapporto del WEF 2025 classifica la "cyber-spionaggio e guerra" al quinto posto nella classifica dei rischi a due anni, un segno che le minacce digitali sono sempre più militarizzate e complesse.
Nondimeno, gli attacchi con obiettivi economici o di interruzione di servizi vitali sono molto più preoccupanti. Facciamo subito qualche esempio.
Nel 2022, l'AIIMS - www.acecloudhosting.com/blog/aiims-cyberattack-2022 (la più grande rete di ospedali pubblici dell'India) è stata colpita da un attacco ransomware. I computer sono andati in tilt, impedendo ai medici di accedere alle cartelle cliniche e mettendo in pericolo la vita dei pazienti.
Questo è uno dei moltissimi casi che dimostra come un attacco informatico non sia solo un furto di dati, ma possa purtroppo bloccare servizi che possono salvarti la vita.
Gennaio 2024, LoanDepot, un'importante azienda di prestiti, ha subito una violazione dei dati che ha compromesso le informazioni di quasi 17 milioni di clienti. Immagina la portata di un tale evento: non solo perdite economiche, ma anche il rischio di furto d'identità e frodi per milioni di persone.
Puoi approfondire qui: www.strongdm.com/what-is/loandepot-data-breach - LoanDepot Data Breach: What Happened and How They Solved It.
I Chief Risk Officers (CRO) a livello globale sono fortemente preoccupati per l'impatto del rischio cyber e delle attività criminali (riciclaggio di denaro, crimine informatico) sulle loro organizzazioni, con il 71% che esprime grave preoccupazione.
Ciò indica che i "cyber-criminali" non sono stupidi ragazzini curiosi. Sono organizzazioni sofisticate, spesso ben finanziate, che cercano di fare danni su larga scala, rubare informazioni o estorcere denaro.
La criminalità informatica, come spiegato nel rapporto
"Internet Organised Crime Threat Assessment (IOCTA) 2024 di Europol" -
(www.europol.europa.eu/publication-events/main-reports/internet-organised-crime-threat-assessment-iocta-2024), è un fenomeno in continua evoluzione, che si manifesta con una pressione crescente e mirata verso individui e, soprattutto, imprese.
Modus operandi per guadagnare online
Il ransomware, ad esempio, è un tipo di attacco informatico in cui il malware una volta entrato in un sistema blocca l'accesso ai dati crittografandoli e ne chiede poi un riscatto per il loro ripristino. Dal primo ransomware della storia chiamato trojan AIDS (o "PC Cyborg"), scritto nel 1989 da un biologo (Joseph Popp), fino ai recenti RansomHub, Rhysida, Akira e WannaCry (forse il più famoso) che nel maggio 2017 ha sfruttato una vulnerabilità di Microsoft Windows infettando oltre 200.000 sistemi e successivamente la National Health Service con 70.000 dispositivi infettati, continuano ad essere una delle minacce più pericolose.
Prendiamo un gigante come Amazon: immaginiamo i suoi server infettati da un ransomware che cripta tutto. L'intera catena di approvvigionamento si blocca, le consegne si fermano e l'operatività globale ne risente pesantemente, con perdite economiche potenzialmente devastanti e un danno d'immagine che non oso pensare.
Non credo sia mai accaduto, ma anche un colosso come Amazon, nonostante tutte le difese, non è immune agli attacchi informatici, sebbene non sia mai stato "bloccato". La vulnerabilità maggiore potrebbe risiede nelle aziende terze (fornitori o partner) che hanno accesso ai sui sistemi: se un fornitore viene attaccato (come nel caso MOVEit nel 2023 che ha coinvolto dati di dipendenti Amazon), il rischio si estende indirettamente.
Chi sa il fatto suo arriva all'obbiettivo per varie vie. Può cercare "buchi" sconosciuti nei software (zero-day), sfrutta accessi remoti non protetti (come RDP deboli) o inganna i dipendenti con spear phishing o via email di phishing molto realistiche per rubare credenziali, poi mappa sistemi e ruba dati sensibili prima di criptare tutto. Ora lasciamo in pace il povero Bezos e andiamo avanti.
Le frodi online sono una di quelle attività criminale dove entra spesso in gioco l'ingegneria sociale per creare un senso di urgenza e pressione. Pensiamo a tutte le truffe dove si rubano le credenziali bancarie attraverso pagine web false, o tutti quei personaggi che ti offrono investimenti promettendoti rendimenti da favola.
Un esempio lampante è la "scam del CEO": l'attaccante si finge un dirigente dell'azienda, magari via email o usando una voce o un video creati con il deepfake, ordina un bonifico urgente a un dipendente che non sospetta nulla ci casca.
A rendere possibile e profittevole tutto questo sono alcuni "enablers" tecnologici. Le criptovalute, in primis, sono il mezzo di pagamento prediletto per i riscatti e per le transazioni illecite. La loro natura che non rivela direttamente l'identità le rende da sempre attraenti, anche se le forze dell'ordine stanno affinando le tecniche di tracciamento attraverso l'analisi blockchain.
E poi c'è il dark web, quella parte di Internet profonda non indicizzata dai classici motori di ricerca come Google, un mercato nero nascosto dove si vendono strumenti per attacchi informatici o dati rubati. È un ambiente in cui si sente spesso parlare di "crime-as-a-service", dove puoi acquistare servizi criminali su misura, RaaS (Ransomware-as-a-Service) ma anche dr064, armi e tante altre cosette.
Altrettanto gravissima è la crescente diffusione di materiale p0rn06r4F!C0 d! m!n0r!, un crimine ignobile che sta vedendo l'inquietante utilizzo dell'Intelligenza Artificiale per la creazione o manipolazione di contenuti illegali che rende ancora più complessa l'identificazione e la rimozione di tali materiali.
A complicare le cose, si prevede che in futuro l'AI sarà sempe più potente. Qui tutti gli esperti informatici e i governi dovranno faticare di più per contrastare i nuovi attacchi di domani. È un gioco costante di rincorsa, dove questa tecnologia è sia uno scudo che una spada per attaccare.
Intelligenza Artificiale: Amica o "Nemica"?
Una buona parte delle persone che ne hanno accesso, compresi i criminali informatici, si sono presto resi conto che l'Intelligenza Artificiale è una delle tecnologie più promettenti del nostro tempo.
Può aiutarci a scoprire nuove medicine, a rendere le città più efficienti, a creare donnine nude, e tanto altro ancora.
Il report dell'Organizzazione delle Nazioni Unite sottolinea la necessità di essere cauti riguardo ai "rischi legati all'AI". Se è vero che è un potente strumento, potrebbe fare un bene immenso, ma può anche causare molti problemi se non gestita con responsabilità.
Quello del WEF 2025, pur non vedendo i rischi delle tecnologie avanzate (inclusa l'AI) come immediati (31° posto per i prossimi 2 anni, al 6° nei prossimi 10 anni), afferma che è in rapida evoluzione in vari settori.
Fatto sta che è già ovunque e impara dai dati che le forniamo. Ora, pensa se questi dati sono pieni di ingiustizie o pregiudizi, cosa ne viene fuori? Supponiamo che un sistema di selezione del personale viene addestrato solo con dati su uomini – l'AI potrebbe "imparare" questi pregiudizi e di conseguenza scegliere in base al genere, all'età o all'etnia? Certo che può!
È già accaduto che sistemi di assunzione basati su AI abbiano mostrato preferenze per i candidati uomini rispetto alle donne.
Questo ci ricorda che non è intrinsecamente neutrale, ma riflette i dati con cui viene alimentata.
Puoi saperne di più leggendo questo articolo:
Insight - Amazon scraps secret AI recruiting tool that showed bias against women - www.reuters.com/article/us-amazon-com-jobs-automation-insight/amazon-scraps-secret-ai-recruiting-tool-that-showed-bias-against-women-idUSKCN1MK08G.
Ma può fare e fa di più. Creare notizie false super-realistiche (Deepfakes) è un classico. Sappiamo che può generare video o audio talmente realistici da sembrare veri, in cui un personaggio famoso, un amico/a o un parente può dire o compiere azioni che mai farebbe in vita sua.
- Deepfakes and international conflict (PDF)
Questa vigliaccata (o furberia a seconda dell'obbiettivo) può costare caro alla vittima, specialmente in ambito politico o sociale.
Lo storico e filosofo Yuval Noah Harari ci mette in guardia sul fatto che l'AI potrebbe creare "realtà simulate" che minano la nostra percezione della verità.
Impatto sull'ambiente: L'intelligenza artificiale, per funzionare, ha bisogno di una quantità enorme di energia elettrica. Nonostante sembri un'innovazione "virtuale", il suo impatto sul nostro pianeta è molto "reale" e si fa sentire soprattutto sui consumi energetici.
Secondo uno studio dell'Agenzia Internazionale dell'Energia (IEA) -
www.iea.org/reports/energy-and-ai, i data center, che ne sono il motore, hanno consumato nel 2024 circa l'1,5% dell'elettricità globale, pari a 415 terawattora (TWh). Stati Uniti (45%), seguiti da Cina (25%) ed Europa (15%).
Dal 2017, questo consumo è cresciuto a un ritmo del 12% annuo, più di quattro volte superiore a quello del consumo totale di elettricità.
Un esempio è stato il modello GPT-3 di OpenAI, il cui addestramento ha richiesto circa 1.287 megawattora (MWh) di elettricità, equivalenti al consumo annuale di circa 120 famiglie americane.
Il dato che sorprende di più, però, è che il loro consumo globale è in forte crescita e potrebbe addirittura raddoppiare entro il 2030 raggiungendo circa 945 TWh, salendo più o meno a 1.200 TWh entro il 2035.
L'aumento dei consumi è una direta conseguenza della potenza di calcolo richiesta dai modelli sempre più complessi.
L'energia necessaria per alimentare questi sistemi, infatti, proviene maggiormente da fonti non rinnovabili, contribuendo così all'aumento delle emissioni di carbonio. - Artificial Intelligence Consumes a Startling Amount of Power – MIT System Reduces the Carbon Footprint (https://scitechdaily.com/artificial-intelligence-consumes-a-startling-amount-of-power-mit-system-reduces-the-carbon-footprint/).
La questione è un po' complessa. Se da un lato l'AI rappresenta una sfida per il settore energetico, dall'altro può essere sfruttata per ottimizzare i costi e i consumi, acceleranso la transizione verso l'efficienza e le fonti pulite.
Partiamo con il piede giusto? Il rapporto tecnologico del 2024 di Bain & Company ci dà qualche esempio sull'impatto trasformativo dell'Intelligenza Artificiale sul settore tecnologico e oltre.

Secondo l'esame del Bain's Technology Report 2024, L'AI generativa ci darà buoni vantaggi in diverse funzioni aziendali. Nel servizio clienti, una riduzione del tempo per le risposte manuali del 20-35%. Nelle vendite e marketing, il tempo dedicato alla creazione di contenuti può diminuire del 30-50%.
Per lo sviluppo di software, una buona riduzione del 15% nelle attività di codifica, con guadagni di produttività fino al 30% in generazione di codice, documentazione e test.
Nelle attività di back-office, si prevede un'automazione delle attività per il confronto di documenti del 20-50%. Un esempio concreto è il chatbot per gli acquisti di Deutsche Telekom, che potrebbe far risparmiare fino a 2.000 ore al mese e agli utenti del reparto acquisti fino a 5.000 ore al mese.
Nel settore tecnologico, la concentrazione di valore è aumentata: le prime cinque aziende rappresentano il 63% della capitalizzazione di mercato delle prime 20, rispetto al 53% di dieci anni fa.
Contribuiscono anche al 64% del pool di profitti, quasi il doppio rispetto al 34% di dieci anni fa.
Nvidia ha raggiunto una capitalizzazione di mercato di oltre 3 trilioni di dollari nel secondo trimestre del 2024.
Nel 2023, i cinque maggiori hyperscaler (Microsoft, Apple, Alphabet, Meta e Amazon) hanno speso 223 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo, circa 1,6 volte la spesa totale in capitale di rischio negli Stati Uniti (136 miliardi di dollari).
Si stima che il mercato globale dell'hardware e software crescerà tra il 40% e il 55% all'anno, fino a un valore compreso tra i 780 e i 990 miliardi di dollari entro il 2027. Si prevede che l'adozione rapida dell'AI porterà a una crescita delle vendite di PC di circa il 30% e degli smartphone del 15% tra il 2023 e il 2026.
E in Italia come siamo messi? Il mercato dell'AI italiano è attualmente valutato a 0,8 miliardi di euro, e dovrebbe arrivare a 2,5 miliardi entro il 2027. Oggi solo il 7% delle PMI e il 24% delle grandi imprese ne fanno uso a differenze di altre nazioni europee con una media tra il 9% e il 30%.
L'AI in Europa
Anche l'Unione Europea, seppur in ritardo, ha un piano ambizioso per diventare un punto di riferimento mondiale nel campo dell'intelligenza artificiale. L'idea è di accelerarne lo sviluppo e l'uso, assicurandosi però che sia sempre al servizio delle persone e rispetti i valori della democrazia e libertà, basandosi su cinque punti principali.

Per prima cosa, l'UE vuole costruire dei centri molto avanzati chiamati "AI Factories" (fabbriche di AI) e "AI Gigafactories" (gigafabbriche di AI).
Le prime saranno dei sistemi che mettono insieme supercomputer potentissimi, molti dati utili e persone esperte in AI, investendo un totale di 10 miliardi di euro tra il 2021 e il 2027.
Mentre le AI Gigafactories saranno ancora più grandi e serviranno per creare e addestrare modelli di AI molto complessi; per queste si punta a mobilitare 20 miliardi di euro di investimenti.
La Commissione Europea creerà dunque una nuova "Strategia dell'Unione dei Dati" di alta qualità a disposizione per lo sviluppo dell'AI, con Data Labs proprio all'interno delle AI Factories.
Verrà poi lanciata una "Strategia Apply AI" per spingere la creazione di nuovi programmi di AI e il loro uso in settori importanti come l'amministrazione pubblica.
I "Digital Innovation Hubs" (centri di innovazione digitale) europei aiuteranno le piccole e medie imprese e le istituzioni a iniziare a usare questa tecnologia, tutto regolato dalla legge AI Act entrata in vigore il 1° agosto 2024 e applicata gradualmente fino al 2 agosto 2027.
Per saperne di più: The AI Continent Action Plan - (digital-strategy.ec.europa.eu/en/library/ai-continent-action-plan).
Temo il giorno in cui la tecnologia supererà la nostra interazione umana. Il mondo avrà una generazione di idioti. Albert Einstein
La specie umana è un errore di progettazione? Il prossimo stadio dell'evoluzione sarà la macchina

L'IA supererà gli esseri umani? La possibilità che un'intelligenza artificiale superi gli esseri umani è uno degli argomenti più dibattuti. Se per "superare" intendiamo la capacità di elaborare informazioni, risolvere problemi complessi, creare e persino apprendere a un ritmo e con una scala che per noi sono impossibili, allora sì, credo che è molto probabile che una superintelligenza artificiale, se realizzata nei prossimi anni, supererà l'Uomo in molteplici campi.
Questo non significa che abbiamo già perso la guerra. Non c'è (e forse non ci sarà mai) una Skynet che diventa autocosciente e ci rompe il culo a tutti. Le macchine sono solo macchine, anche se ci hanno già superato nella forza fisica e nella velocità di calcolo. Per il momento, abbiamo iniziato a usare queste loro rudimentali capacità a nostro vantaggio, e nel tempo la loro superiorità potrebbe aiutarci a risolvere molti problemi, come curare vecchie e nuove malattie ed esplorare lo spazio se necessario.
Sto cercando di dire che la minaccia non è l'intelligenza in sé, ma il fatto che una superintelligenza, senza regole morali chiare, possa seguire obiettivi che a lei sembrano perfetti ma che per noi sarebbero disastrosi.
Non a caso ho intitolato questo capitolo "La specie umana è un errore di progettazione? Il prossimo stadio dell'evoluzione sarà la macchina". Questa frase molto provocatoria ci fa capire subito come la nostra specie, con tutti i suoi limiti, possa essere considerata "imperfetta" da una prospettiva superiore, e che l'evoluzione stia già silenziosamente spostandosi verso il non-organico, il tecnologico. Ancora una volta, non stiamo parlando di pura fantascienza, ma di possibili scenari in cui la nostra stessa natura potrebbe cambiare.
Il futuro potrebbe portare a una profonda ridefinizione di cosa significhi essere umani attraverso il transumanesimo. Questa idea (il termine è stato coniato nel 1957 da Julian Huxley, un biologo e scrittore inglese) immagina un'unione sempre più stretta tra noi e le macchine. Lo scopo? Aumentare le nostre capacità fisiche e mentali, fino a trasformarci in qualcosa di post-umano.
Qui possiamo pensare ad esempio agli impianti nel cervello per curare malattie, o a potenziamenti che ci danno una memoria migliore, calcoli più veloci o un corpo super forte.
Qui l'Uomo non scompare, ma cambia. I cyborg sono l'esempio più concreto e visibile di questa trasformazione. Sono il pumto in cui la persona si unisce alla macchina, diventando un vero ibrido. Non è un distacco, ma un'integrazione profonda, dove parti del nostro corpo si fondono con la tecnologia per renderci più capaci. Un po' come RoboCop e Alita.
Ma in scenari ancora più spinti, molto più spinti, si potrebbe arrivare a un'unione quasi totale. Qui la nostra stessa "essenza", la coscienza, i ricordi e la personalità, potrebbero essere trasferiti su supporti digitali o "caricati" in corpi artificiali (mind-uploading).
Una vera e propia fuga dai limiti del nostro corpo biologico, qualcosa che né la lenta selezione naturale di Darwin né l'idea di una creazione immutabile avrebbero mai potuto considerare o prevedere.
Un'umanità non più fatta solo di carne. Un'umanità non umana.
Articolo suggerito: Transumanesimo e cyborg: l'uomo sarà trasformato dalla tecnologia? - Disf.org Educational
Ma aspetta! Potremmo un giorno spingerci ancora più avanti, oltre l'ibridazione e il mind-uploading? Secondo il filosofo Nick Bostrom, la risposta ci porta in un territorio che mette in discussione la natura stessa della realtà. Con la sua famosa teoria della simulazione elaborata già a partire dall'antichità (come nel caso del "Sogno della Farfalla" di Zhuangzi e nelle dottrine Maya), ci presenta un "trilemma": tre possibilità, una delle quali deve essere per forza vera.
Lui ragiona così: o quasi nessuna civiltà raggiunge mai uno stadio tecnologico così avanzato da poter creare simulazioni iper-realistiche (magari ci estinguiamo prima), oppure le civiltà che ci riescono semplicemente non sono interessate a creare "copie" delle vite dei loro antenati.
Ma se queste due opzioni sono false o altamente improbabili, allora la conclusione più logica è la terza: siamo quasi certamente in una simulazione.
L'idea, vertiginosa come nel film Matrix, è che se civiltà future possono e vogliono creare innumerevoli mondi virtuali indistinguibili dal reale, la probabilità che noi siamo l'unica realtà "originale" diventa quasi nulla.
Per approfondire, potresti leggere l'articolo Viviamo in una realtà simulata? scritto su GognaBlog.

Ma se tornassimo per un attimo indietro nel tempo, molto prima della nascita dei computer e dell'elettricità, scopriremmo che il desiderio di creare vita o intelligenza era già presente. Non pensavano certo a circuiti e algoritmi, ma questo sogno ha attraversato i secoli attraverso miti, leggende e ingegnosi meccanismi.
Prendiamo i greci. Erano incredibili nell'immaginare creazioni animate e intelligenti. Il loro dio del fuoco e della metallurgia, Efesto, era un artigiano geniale. Si racconta che avesse creato Talos (Tálōs), un gigante di bronzo che pattugliava le coste di Creta come un automa guardiano. E poi aveva anche delle Ancelle d'oro che si muovevano e parlavano come noi esseri umani per mezzo dell'intervento divino. Erano sempre pronte a servirlo nella sua officina, dove costruiva armi e armature, delle vere e proprie cameriere robot molto più avanzate di quelle che oggi vediamo nei ristoranti in Giappone e da poco anche qui in Italia.
...Secondo Morgan Stanley nel 2050 ci saranno 63 milioni di robot umanoidi soli negli Stati Uniti per cambiare radicalmente il 75% delle occupazioni attuali, sostituire il 40% dei lavoratori e abbassare il totale delle buste paga USA di 3mila mld di dollari, il 10%... Fonte: Fortune Italia
Senza andare così tanto indietro nel tempo, e per concludere, è doveroso menzionare un vero genio, non un dio: Alan Turing, il matematico britannico che nel 1950 pubblicò il saggio "Computing Machinery and Intelligence", ponendo la famosa domanda "possono le macchine pensare?".
Solo sei anni dopo, nel 1956, John McCarthy (un informatico statunitense) coniò il termine "Intelligenza Artificiale" e organizzò il "Dartmouth Summer Research Project on Artificial Intelligence". Questo evento è considerato la nascita ufficiale del campo di ricerca dell'IA.
Per saperne di più, leggi il mio articolo intitolato " L'intelligenza artificiale: dal passato al futuro, un viaggio nella storia dell'IA".
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